Processi decisionali e neuroscienze: “il modello del valore soggettivo atteso”

Immagina di essere Marco, un giovane laureato in cerca di lavoro. Marco ha ricevuto due offerte di lavoro e deve decidere quale scegliere. Una offerta è per una posizione di manager in un’azienda di successo, con un ottimo stipendio e benefit, ma con un lungo e stressante viaggio giornaliero per raggiungere l’ufficio. L’altra offerta è per un ruolo simile in un’azienda più piccola e meno conosciuta, con uno stipendio leggermente inferiore e meno benefit, ma situata vicino casa. Come prende Marco questa decisione?

Il processo decisionale è un argomento di grande interesse per le neuroscienze, che hanno sviluppato diversi modelli per spiegarlo. Uno di questi modelli è il “modello del valore soggettivo atteso” (Expected Subjective Value Model, ESV), che suggerisce che le decisioni vengono prese sulla base di una valutazione soggettiva dei possibili risultati e delle loro probabilità di verificarsi. In questo articolo, esamineremo come il modello ESV si applica al caso di Marco e come le neuroscienze possono aiutarci a comprendere meglio i processi decisionali.

Il Modello del Valore Soggettivo Atteso

Il modello ESV si basa sull’idea che le scelte vengono fatte confrontando i valori soggettivi attesi delle diverse opzioni. Il valore soggettivo atteso di un’opzione è calcolato moltiplicando il valore soggettivo di un risultato possibile per la sua probabilità di verificarsi e sommando i prodotti ottenuti per tutti i risultati possibili.

Nel caso di Marco, il valore soggettivo atteso di ogni offerta di lavoro può essere calcolato considerando vari fattori, come lo stipendio, i benefit, la distanza da casa e il prestigio dell’azienda. Marco attribuirà a ciascuno di questi fattori un valore soggettivo e una probabilità di verificarsi, e calcolerà il valore soggettivo atteso delle due opzioni. Alla fine, sceglierà l’opzione con il valore soggettivo atteso più alto.

Ciao! Io sono Massimiliano PoltroniLeadership & Strategy Coach. Ho già aiutato centinaia di aziende e professionisti ad emergere nel mercato, lavorando su Leadership, Team e Strategie decisionali, che sono alla base della crescita di ogni progetto.

In questo articolo scoprire qualcosa in più su come vengono prese le decisioni sulla base del “modello del valore soggettivo atteso”.

Le Neuroscienze e i Processi Decisionali

Le neuroscienze hanno contribuito a identificare le aree del cervello coinvolte nel processo decisionale e a chiarire come funzionano. Studi di neuroimaging, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), hanno mostrato che diverse aree del cervello sono attivate durante la valutazione e la scelta tra opzioni con diversi valori soggettivi attesi.

In particolare, è stato dimostrato che la corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC) svolge un ruolo cruciale nel calcolo del valore soggettivo atteso delle opzioni e nella scelta dell’opzione con il valore più alto. Altre aree del cervello, come la corteccia orbitofrontale e il nucleo accumbens, sono coinvolte nella rappresentazione e nell’aggiornamento dei valori soggettivi e delle probabilità associate ai diversi risultati.

Tuttavia, il processo decisionale non è sempre razionale e può essere influenzato da fattori emotivi e cognitivi. Ad esempio, le persone tendono a sovrastimare la probabilità di eventi rari e a sottovalutare quella di eventi comuni, un fenomeno noto come euristica della disponibilità. Allo stesso modo, le persone tendono a dare maggiore peso alle perdite rispetto ai guadagni, un fenomeno noto come avversione alla perdita. Questi bias cognitivi possono influenzare il calcolo del valore soggettivo atteso e, di conseguenza, le decisione finale.

La Storia di Marco

Tornando al caso di Marco, come avrà valutato le due offerte di lavoro? Supponiamo che Marco attribuisca un valore soggettivo di 10/10 allo stipendio e ai benefit dell’offerta della grande azienda, ma solo un valore soggettivo di 3/10 alla lunga distanza da casa. Dall’altra parte, Marco attribuisce un valore soggettivo di 8/10 allo stipendio e ai benefit dell’offerta della piccola azienda, ma un valore soggettivo di 7/10 alla vicinanza da casa. Marco stima anche che l’offerta della grande azienda sia più probabile (70%) rispetto a quella della piccola azienda (30%).

Applicando il modello del valore soggettivo atteso, Marco calcola il valore soggettivo atteso dell’offerta della grande azienda come segue:

10/10 x 0.7 + 3/10 x 0.3 = 6.7/10

E il valore soggettivo atteso dell’offerta della piccola azienda come segue:

8/10 x 0.3 + 7/10 x 0.7 = 7.3/10

Di conseguenza, Marco sceglierà l’offerta della piccola azienda, che ha un valore soggettivo atteso più alto.

Tuttavia, il processo decisionale di Marco potrebbe essere influenzato da fattori emotivi e cognitivi, come la sua avversione allo stress del lungo viaggio quotidiano o la preferenza per un’azienda più conosciuta. In questo caso, il modello del valore soggettivo atteso potrebbe non essere sufficiente a spiegare la sua scelta.

In sintesi, il modello del valore soggettivo atteso è uno dei modelli più utilizzati per spiegare i processi decisionali e le neuroscienze hanno contribuito a chiarire come funzionano a livello cerebrale. Tuttavia, il processo decisionale non è sempre razionale e può essere influenzato da fattori emotivi e cognitivi. La storia di Marco ci ricorda che non esiste una formula universale per prendere decisioni e che ogni decisione è influenzata da molteplici fattori soggettivi.

Come accennato in precedenza, i processi decisionali possono essere influenzati da fattori emotivi e cognitivi. Tra questi, le euristiche e i bias rappresentano degli elementi di grande impatto. Le euristiche sono dei shortcut cognitivi che semplificano il processo decisionale, ma che possono portare a giudizi errati. I bias, invece, sono dei pregiudizi cognitivi che portano ad un’interpretazione distorta delle informazioni.

Una delle euristiche più comuni è l’euristica della disponibilità, che consiste nell’attribuire una maggiore probabilità ad un evento in base alla sua disponibilità in memoria. Ad esempio, se abbiamo visto recentemente un’immagine di un incidente stradale, potremmo sovrastimare la probabilità di subire un incidente stradale nella nostra zona. Questa euristica può portare a decisioni irrazionali, basate su informazioni distorte o incomplete.

Un altro esempio di euristica è l’euristica della rappresentatività, che consiste nell’attribuire una maggiore probabilità ad un evento in base alla sua somiglianza con uno schema mentale preesistente. Ad esempio, se abbiamo un’immagine mentale di un imprenditore di successo, potremmo sovrastimare la probabilità di successo di un imprenditore che corrisponde a quel modello mentale, anche se le sue reali probabilità di successo sono basse. Anche questa euristica può portare a decisioni errate, basate su informazioni superficiale e distorte.

Tra i bias cognitivi più comuni, si annovera l’avversione alla perdita, ovvero la tendenza a dare maggior peso alle perdite rispetto ai guadagni[^3^]. Questo bias può portare a decisioni eccessivamente prudenti o conservatrici, che limitano le opportunità di crescita e di sviluppo.

Un altro bias comune è l’effetto di ancoraggio, che consiste nell’attribuire maggiore importanza ad una informazione iniziale rispetto a quelle successive[^4^]. Ad esempio, se ci viene proposto un prezzo elevato per un prodotto, potremmo percepire come un’offerta conveniente un prezzo inferiore, anche se questo è ancora più alto rispetto al suo valore effettivo.

In sintesi, le euristiche e i bias possono interferire nei processi decisionali e portare a giudizi errati. Per evitare questi errori, è importante sviluppare una maggiore consapevolezza dei propri processi decisionali, raccogliere informazioni sufficienti e considerare diversi punti di vista.

Fonti:

  1. Fonte per la definizione di “processi decisionali”: www.treccani.it/
  2. Fonte per la definizione di “stress lavoro-correlato”: www.inail.it/
  3. Fonte per la definizione di “scelta razionale”: wikipedia.org/
  4. Fonte per la descrizione della teoria delle aspettative: www.skuola.net/
  5. Fonte per la descrizione della teoria dell’utilità attesa: www.economia.uniroma2.it/
  6. Fonte per la descrizione della teoria del framing: www.tesionline.it/
  7. Fonte per la descrizione della teoria dell’ottimizzazione e della soddisfazione: www.economia.uniroma2.it
  8. Fonte per la descrizione delle euristiche e dei bias: wikipedia.org/wiki/
  9. Tversky, A., & Kahneman, D. (1973). Availability: A heuristic for judging frequency and probability. Cognitive psychology, 5(2), 207-232.
  10. Kahneman, D., & Tversky, A. (1973). On the psychology of prediction. Psychological review, 80(4), 237-251.
  11. Tversky, A., & Kahneman, D. (1991). Loss aversion in riskless choice: A reference-dependent model. The quarterly journal of economics, 106(4), 1039-1061.
  12. Tversky, A., & Kahneman, D. (1974). Judgment under uncertainty: Heuristics and biases. Science, 185(4157), 1124-1131.
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